“A tocchi a tocchi, la campana sona” (1/8)

A partire da oggi verrà di giorno in giorno pubblicato, in otto parti, il seguente titolo illustrato:
“A tocchi a tocchi, la campana sona”. Il cantiere di Via Campanella riapre il dibattito sopra la conservazione e la fruizione dei luoghi di pregio. Alla luce di imminenti frontiere dell’utile… di Gaspare Adinolfi.


1. Siste viator: cancelli di ieri e di oggi lungo Via Campanella

Un cancello invalicabile, sulla strada per Punta della Campanella, non si vedeva dal 1998, quando alcuni tragici episodi accaduti nei pressi del promontorio dovettero motivare ancor più il Comando del Genio militare della Marina ad escludere l’accesso pubblico alla zona demaniale, in uso alla stessa Forza armata e già inserita nell’elenco dei beni dismissibili dello Stato in base alla Finanziaria del ’96 (tale legge invitava il Ministero della Difesa a disfarsi dei beni improduttivi o inutilizzati negli ultimi dieci anni).

Fu dunque per generici «motivi di sicurezza» che la Marina ordinò l’installazione di una struttura di recinzione sul tratto terminale di Via Campanella, presto definita il “cancello della vergogna”. A soli due mesi dal fatto il Comune di Massa Lubrense, nelle persone di A. Gargiulo sindaco e A. Mosca assessore all’Urbanistica, emise ben tre ordinanze di rimozione del cancello – ritenuto «abusivo» – nell’intento di ripristinare la libera fruizione dell’area archeologica. Il cosiddetto cancello della vergogna, insomma, fu formalmente divelto il 3 marzo 1998, con evidente soddisfazione delle principali associazioni ambientaliste e culturali della Penisola sorrentina[1].

Un cancello a Canciello non è un bisticcio verbale o un paradosso toponomastico, ma la prima opera compiuta dall’odierno cantiere di Via Campanella, attivo per il «restauro manufatti ed abbattimento barriere architettoniche» nell’omonima Punta[2]. Dopo pochi colpi di mazzola, assestati a monte e a valle del luogo in cui, appena nel 2007, si licenziava il «primo stralcio» del restauro di Via Campanella[3], vien fatto di pensare che non si vedeva dagli anni Sessanta una così ingente profusione di uomini e mezzi, poi di cemento, nell’ultima parte della Penisola. Si era alla scadenza del periodo di moratoria concessa dalla Legge ponte (ricordiamo che la L. n. 765/67 poneva limiti all’attività edilizia dei Comuni sprovvisti di strumenti urbanistici), occasione opportuna – secondo l’Amministrazione comunale pro tempore di Massa Lubrense – per autorizzare ben nove insediamenti edilizi nel suo territorio costiero, tra cui la lottizzazione «Cesaro», rivolta alla baia di Ieranto, e la lottizzazione «E.T.A.», prossima alla cala di Mitigliano. Il primo intervento, quello meglio confrontabile al nostro case study, mirava alla realizzazione di un complesso residenziale a schiera presso l’estremità occidentale della celeberrima insenatura: progetto in oltraggio all’art. 9 della Costituzione italiana (1948) e, in particolare, al Decreto Ministeriale del 22 dicembre 1965, vincolante l’intero territorio di Massa Lubrense ai sensi della L. n. 1497 del 29 giugno 1939 sulla «Protezione delle bellezze naturali e panoramiche»[4].

Senz’altro panoramiche sarebbero state le vedute dalle 46 villette di Rezzale se sulla strada dell’ing. Antonino Cesaro non fosse giunta, in direzione opposta e contraria, la sezione sorrentina di «Italia Nostra», rappresentata dall’ormai compianto ing. Mario Maresca. A sostenere la pattuglia degli ‘ambientalisti’ si aggiunse, dal 31 dic. 1980, la sede lubrense dell’Archeoclub d’Italia, istituita a Massa nel 1976. Lungo e complesso fu l’iter amministrativo che porterà il Consiglio di Stato, nel gennaio 1984, ad accogliere favorevolmente ed in via definitiva il ricorso prodotto dal Palazzo lubrense avverso la sentenza di quel palazzo napoletano dove il T.A.R. Campania annullava (17 nov. 1980) il provvedimento sindacale (13 ott. 1976) sul decadimento della licenza edilizia concessa al Cesaro nell’estate del 1968[5]. Così, a quasi quindici anni dall’erezione del primo pilastro, il cono d’ombra della privata speculazione si diradava dal cosiddetto Triangolo delle sirene (Punta della Campanella-Monte S. Costanzo-Iéranto). A imperitura memoria della mancata lottizzazione ancora oggi si percorrono, dall’ultimo tratto di Via Campanella al belvedere di Rezzale, due segmenti di inutile traccia stradale, complessivamente lunghi quasi 400 metri.

Sorrento, 26 ottobre 2015

G. A.


Via Campanella, tabella di cantiere
Via Campanella, tabella di cantiere

[1] Senza alcuna pretesa di inquadrare lo sviluppo cronologico dell’intera vicenda rimandiamo essenzialmente a V. Iurillo, Punta Campanella e il cancello della vergogna. Riflessioni sulle ragioni di un ‘saccheggio’, “Metropolis” (Giornale settimanale) a. V, n. 3, 21-27 gen. 1998, p. 14; Idem, “Mai più il cancello della vergogna”. Punta Campanella, parla il vice sindaco di Massa Lubrense: “L’area resterà aperta a tutti”, “Metropolis” a. VI, n. 36, 22-28 sett. 1999, p. 10.

[2] Contando su un finanziamento del Fondo europeo di sviluppo regionale (P.O.R. Campania FESR 2007-2013, Obiettivo 1.9 – Beni e siti culturali) il Comune di Massa Lubrense approva, con D.G.C. del 14 gen. 2014, il progetto denominato «Restauro manufatti ed abbattimento barriere architettoniche: Via Campanella» a firma dell’arch. M. Schiazzano.  A sancire l’aggiudicazione definitiva delle opere è stata la commissione comunale composta da: il responsabile dei lavori pubblici arch. L. Mollo, l’ing. P. De Maio del Comune di Meta e la dott.ssa T. Budetta della Soprintendenza dei Beni archeologici di Napoli. Il cantiere è attivo dalla prima decade del luglio 2015.

[3] Una scheda dettagliata dei lavori si legge a p. 66 del Bilancio sociale di mandato (2005-2009). Comune di Massa Lubrense, pubblicato a cura di F. Guastafierro da N. Longobardi Editore in Castellammare di Stabia, s.d.

[4] Per un inquadramento normativo e paesaggistico dell’area cfr. C. Pasinetti (a cura di), ‘La riserva naturale terrestre di Punta della Campanella’, in AA. VV., Natura mirabile. Progetti di restauro ambientale, Napoli 1999, pp. 87 ss.

[5] Per una puntuale ricostruzione dell’iter amministrativo rimandiamo al Contributo alla salvaguardia del patrimonio geologico, storico, archeologico, ambientale della Baia di Ieranto, a cura della Sezione di Massa Lubrense dell’Archeoclub d’Italia, 1987 (II edizione), pp. 1-6.

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